Nella vita di un uomo ci sono ricordi ben nitidi, altri invece di cui non si ha memoria. Io, ad esempio, non ricordo il giorno in cui sono nato, i miei primi passi, il primo Natale o la prima volta che ho avuto un approccio con l’arte (anche se di quest’ultimo episodio i miei genitori sono riusciti a renderlo nitido grazie a riprese amatoriali e fotografie, nonché grazie ai racconti).
Eppure, esiste una data, anzi un anno, che è ben impresso nella mia mente ed è parte fondamentale della mia vita e della mia formazione.

Quando si parla di Matera, tutti pensano al 19 gennaio 2019, giorno in cui la città è diventata capitale europea della cultura; ma il legame forte tra me e quello che è stato l’orgoglio d’Italia per un anno comincia nel 2017, per l’esattezza il 19 gennaio 2017, due anni prima. Quando si nasce nel profondo sud della penisola, dal mio punto di vista, si parte già svantaggiati e con pochissime chance di farsi spazio nel mondo dell’arte, e questo si concretizza ancora di più quando, il giorno del test di ingresso alla facoltà di storia dell’arte, quella che sarà la coordinatrice del corso di laurea saluta tutti dicendo “avete fatto una scelta coraggiosa ragazzi, sapete che sarà assolutamente difficile quello che sarà una volta usciti di qui!”. Con queste premesse ho fatto il mio ingresso nel mondo dell’arte, e mai scelta fu più giusta nella mia vita. Una sfida che si è rivelata la più sensata e importante della mia vita.

Ma cosa c’entra un excursus sulla mia vita con la città di Matera e il mondo dell’arte, e soprattutto con la stesura di questo testo? Matera è una città magica, dove vivere di arte (qualsiasi forma di arte), è una cosa possibile! Quando arrivai in città, agli inizi del 2017, con un curriculum lavorativo di carattere storico artistico, pensavo di ricevere la stessa risposta sempre avuta nel resto della Basilicata e della Calabria: “Si, ma nel concreto per vivere cosa fai?”. Vivere di arte a Matera si può!
Ogni singolo angolo è fonte di idee, ogni singolo scorcio è motivo di ispirazione. Questo vale per Matera, ma anche per l’intera Basilicata; benché piccola e con diversi limiti, questa regione ha un fervore artistico/culturale non indifferente, basti pensare alla storia e l’impegno della città di Matera a partire dai lontani anni ’50, alle presenze museali diffuse in tutto il territorio, alla presenza di realtà storicizzate e giovanissimi di associazioni e fondazioni, ma anche la presenza di artisti e progetti vari. Insomma, la Basilicata c’è, è viva e presente attivamente nel panorama artistico culturale italiano, ed è portatrice di memoria.
Tornando al 2017, in occasione della mostra “Luoghi per sottrazione” mostra che ho curato per la Fondazione Sassi e nata a seguito di una call rivolta a giovani artisti under 35, mi è capitato di conoscere, nello stesso giorno a distanza di poche ore, i due artisti che ho selezionato per questa finestra dell’archivio INDEX, Mat Toan e Ruben Patella; due artisti drasticamente diversi tra di loro per medium espressivi, eppure tanto vicini nella ricerca che portano avanti.

La memoria… tema caro agli artisti lucani.
Ma cos’è la memoria effettivamente? Il vocabolario Treccani riporta come definizione la seguente: “In generale, la capacità, comune a molti organismi, di conservare traccia più o meno completa e duratura degli stimoli esterni sperimentati e delle relative risposte. In pratica, con riferimento all’uomo (nel quale tale funzione raggiunge la più elevata organizzazione), il termine indica sia la capacità di ritenere traccia di informazioni relative a eventi, immagini, sensazioni, idee, ecc. di cui si sia avuto esperienza e di rievocarle quando lo stimolo originario sia cessato riconoscendole come stati di coscienza trascorsi, sia i contenuti stessi dell’esperienza in quanto sono rievocati, sia l’insieme dei meccanismi psicologici e neurofisiologici che permettono di registrare e successivamente di richiamare informazioni.” È possibile rendere un concetto tanto complicato e allo stesso tempo tanto affascinante alla portata di tutti mediante gli interventi di carattere artistico? Assolutamente sì. Mat Toan e Ruben Patella ci sono riusciti.

Mat Toan (classe 1976, nato a Matera, vive e lavora a Roma), fin dalla sua formazione, ha sempre portato la sua ricerca sulla complessa indagine del rapporto Uomo - Natura, mediato dalla tecnologia. I medium da lui utilizzati variano dai più classici, come la fotografia e il video, alle installazioni multimediali, fino ad arrivare agli ologrammi interattivi. I suoi lavori si concretizzano quindi in dispositivi interattivi che stimolano l’osservatore a porsi più domande piuttosto che fornire certezze.
Ruben Patella (classe 1984, nato ad Altamura, vive e lavora nella medesima città), indaga principalmente sul concetto di memoria e su quello ad esso connesso mediante l’utilizzo della pittura e delle installazioni. I suoi lavori, quindi si concretizzano in un bisogno metafisico della mente umana di resistere all’attacco della morte, creando un forte e inappagabile desiderio di resilienza, che spinge l’essere umano a fare quanto è in suo potere per differire la morte e la dimenticanza che da essa scaturisce. Due artisti, quindi, molto distanti per medium espressivi utilizzati, eppure molto vicini per la ricerca che portano avanti. Entrambi affrontano il tema della memoria in modi differenti ma portano con loro tutte le sfaccettature più affascinanti della tematica in questione.

Nello specifico, partendo da un’analisi cronologica dei lavori di Mat Toan, quanto detto va a concretizzarsi in lavori come
TRA-DIZIONI (Baco Sonoro) del 2017, realizzato in occasione del progetto BoCs Art. L’opera si presenta come una fusione tra leggenda e storia popolare: è la riproduzione di un baco da seta da cui fuoriesce una traccia sonora formata da 25 voci di abitanti della città di Cosenza, luogo dove si è svolto il progetto, invitati a recitare detti della tradizione popolare locale. L’opera è un continuo rimando a ricchezze materiali e immateriali in cui il baco da seta, memoria di una ricchezza materiale, si rapporta con la ricchezza immateriale dei detti popolari dove le 25 voci registrate rimandano alle 25 tonnellate d’oro perdute, del tesoro di Alarico. E ancora il concetto della memoria riaffiora forte nell’installazione dello stesso anno, realizzata insieme a Pamela Pintus, dal titolo NON TI SCORDAR DI ME. L’installazione esprime il concetto che vuole portare avanti già dal titolo; vuole quindi mettere in mostra, attraverso l’operazione dell’imprimere per diversi minuti sulla retina del fruitore l’immagine di un myotosis (un piccolo fiore di campo conosciuto anche con il nome “non ti scordar di me”), la capacità di alcune cose apparentemente insignificanti di fissarsi nella nostra memoria anche contro la nostra volontà. E ritroviamo ancora una volta, espressi in maniera molto forte, questo concetto nelle opere del 2019 dal titolo T-BOMB e ANCORA. Apparentemente due operazioni di Glitch-art, ma in realtà un modo per mettere in lue il costante mutare della memoria, infatti entrambe le opere si presentano come un work in progress. La prima si concretizza come immagine video del presidente Harry S. Truman, mentre il sonoro è costituito dall’ibridazione di dati audio dell’esplosione della bomba atomica ed estrapolati dal suo discorso alla Nazione. La seconda opera, invece, si concretizza in un una riflessione sul valore che le icone assumono nella contemporaneità e sul rapporto consumistico si ha con esse.

Per quanto riguarda i lavori di Ruben Patella, la ricerca sulla memoria si concretizza in ELISIONI, nata nel 2012 e in progress, una serie fotografica che attraverso interventi concettuali, decontestualizzano l’immagine al fine di trasfigurarla; la cancellazione del soggetto rappresenta la cancellazione che il tempo attua ai danni della memoria, creando una sorta di esaltazione del luogo, inteso come vero portatore della memoria e individuando nel soggetto cancellato la traccia, un passaggio, che non va ad alterare la memoria stessa del luogo. Nel 2019 nasce una nuova serie dal titolo ELISIONI2019. In questo caso si tratta di immagini storiche, vecchie fotografie di repertorio su cui non viene applicato un intervento manuale, bensì queste vengono sepolte in zone rurali tra la Puglia e la Basilicata. In questo caso la cancellazione dei soggetti avviene in maniera spontanea e incontrollata. La sperimentazione nella ricerca di Ruben Patella lo porta, sempre nel 2019, a sperimentare la performance con l’opera REDENZIONE. In quest’opera l’artista compie un’azione suddivisa in due parti: da un lato riprende parte del testo di Carlo Levi in cui si parla della città di Matera e le impressioni in lui suscitate nel momento in cui vede questo luogo per la prima volta, e successivamente, quanto scritto viene cancellato. L’azione vuole mettere in luce la sovversione della memoria storica della città, da vergogna, a orgoglio.

In conclusione, analizzando le opere citate dei due artisti, la memoria rappresenta un nodo chiave di una ricerca che nasce dalla Basilicata, nello specifico da Matera, ma che si può applicare al mondo intero; Il lavoro di Mat Toan e di Ruben Patella rappresenta parte di una storia intima, assolutamente personale, che nello stesso tempo è comune; tutti la abbiamo vissuto e tutti continueremo a viverla.

Valerio Vitale*

 

 

*Valerio Vitale (Lauria, 1991. Vive e lavora a Matera):
Laureato in Storia dell’arte presso l’Università della Calabria con una tesi in museologia, dopo un percorso formativo all’interno del progetto BoCs art (2016-2017) a Cosenza, assume il coordinamento degli eventi espositivi della Fondazione Sassi di Matera (2018-2020), dove ha curato mostre collettive con giovani artisti italiani. Interessato come curatore indipendente alla comunicazione visuale e alla semiotica, attualmente continua il suo percorso di ricerca sull’arte emergente.